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      Nessun tentativo di forzare l’angusto ambito in cui la vita della massa era costretta; nessuno sforzo di spalancarle piú vasto e adeguato orizzonte spirituale; ma, al contrario, assunzione in pieno della forma mentale proletaria, teorizzazione ed estensione all’universale degli interessi e degli stati d’animo proletari, linguaggio visuale sensibilità proletari. Le due faccie dell’animo vergine e ribelle delle folle – indistinta religiosità e appetiti materiali – trovavano pieno riconoscimento nella dottrina. Da un lato una visione mitica, apocalittica, col balenio di una società felice e ricca, senza lotte e senza storia. Dall’altro un brutale realismo di premesse, una critica spietatamente negativa di un mondo già segnato dal fato. Elementi tutti che concorrevano ad accrescere il senso dell’oppressione e quindi della ribellione. Sappiamo, sí, che nella mente dei dioscuri la sollevazione proletaria acquistava un valore altissimo e simbolico, talché essi usavano parlare negli anni giovanili di un proletariato erede della filosofia classica tedesca, cioè di un proletariato che nel suo moto di emancipazione avrebbe progressivamente realizzata l’idea di libertà. Ma questa loro posizione era comprensibile solo a piccole minoranze di iniziati, non mai alle masse.
      Dileggiando tutte le categorie dell’etica, sconoscendo i problemi della coscienza, rinviando i problemi di educazione all’indomani della rivoluzione (cioè della trasformazione ambientale), negando financo un principio di libertà, il marxismo precludeva alle masse ogni slancio idealistico, ogni sforzo di perfezionamento interiore, ogni capacità di intuire in un ordine piú elevato il vaticinato paradiso.


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Socialismo liberale
di Carlo Rosselli
pagine 184