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      È chiaro ad esempio che mentre la conquista della libertà politica costituí per la borghesia la sublimazione, il coronamento della sua potenza, già affermatasi in sede economica e culturale; per il proletariato, privato d’ogni effettiva influenza sulla direzione della vita economica, la rivendicazione e successiva conquista della libertà politica [nulla] rappresentò se non l’inizio della lotta per la emancipazione anche economica. Il processo è nettamente inverso. E in ciò probabilmente sta una delle ragioni massime della crisi che tormenta tutti i movimenti socialisti europei, specie nel dopoguerra: in questa terribile sproporzione tra forza economica, capacità tecnica, livello culturale, e forza politica; nell’essersi trovato, il proletariato, a disporre di un’arma politica formidabile, cui non corrispose a tempo (e ancora non corrisponde) un adeguato braccio per impugnarla.
      Solo alcune frazioni della borghesia esercitano ancora una utile, diciamo anzi, pressoché indispensabile funzione progressista. E quali? Quelle che, indipendentemente dal privilegio della nascita, realizzano nella vita nuovi valori nella sfera della intelligenza pura e del lavoro di direzione: gli intellettuali, gli scienziati, la parte piú sana e piú attiva della borghesia industriale ed agraria, e quelle figure formidabili del mondo moderno che sono gli imprenditori, i grandi capitani di industria, i politici dell’economia; coloro che, in qualunque regime economico, avranno il compito di coordinare i vari fattori produttivi e di mantenere inesausto il ritmo del progresso economico.


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Socialismo liberale
di Carlo Rosselli
pagine 184