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      È proprio questa dicotomia volgare di molti socialisti, che concorre a creare in momenti di crisi un artificioso blocco borghese; 2) queste armi vogliono delle coscienze, delle volontà che le impugnino. Sino a prova in contrario, esercito e polizia, sono popolo, proletariato, non borghesia; 3) in questa eventualità proprio la piú ortodossa dottrina liberale, da Blackstone a Mill, non solo legittima l’impiego della forza da parte della maggioranza, ma addirittura glielo impone.
      Dunque, niente serafico sogno di cherubini che vivono nel segno dell’utopia, ma consapevolezza del peso della morale e del diritto nei grandi urti delle classi e dei popoli. Ciò che a noi preme è di legittimarla questa eventuale violenza, di mettersi in condizione di non essere noi i trasgressori del patto di civiltà, di ricorrere alla violenza solo se costretti, e di ricorrervi in nome di quel principio di legalità, di maggioranza, che i nostri stessi avversari, finché di una maggioranza disponevano, avevano dichiarato di accettare e anzi imponevano di rispettare.
      Non son rari coloro che a questo punto sorridono e accusano i «formalisti» del metodo democratico di perdersi in distinzioni bizantine. Ma col far ciò dimostrano di essere ancora di là del bene e del male; non sanno che in queste distinzioni sta precisamente tutto il diritto, e neppure lontanamente immaginano la suggestione che circonda il diritto violato, e quale energia esso sappia ispirare ai suoi difensori.
     


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Socialismo liberale
di Carlo Rosselli
pagine 184

   





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