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      La disciplina è propria dell’azione, ma guai a imporla nel dominio delle idee e delle ideologie. La pretesa di voler imporre, attraverso il partito, un abito intellettuale a serie, è quanto di piú mortificante e pericoloso si possa immaginare. Ho già avuto occasione di dire quale gelo, quale paralisi avesse arrecato al partito socialista italiano il monopolio marxista. Questo monopolio – sí, d’accordo, sovente piú formale e fraseologico che sostanziale, perché i piú restano, in fatto di marxismo, al di là del bene e del male – ha bisogno urgente di essere spezzato, per favorire il piú libero estrinsecarsi di tutte le correnti onde si è alimentato per il passato il gran moto di emancipazione sociale. Tra i socialisti italiani si sono andate perpetuando divisioni e incomprensioni che non hanno piú ragione di esistere quando l’adesione ai principî marxistici non sia piú considerata come testo di fede, e quando accanto alla concezione tradizionale del socialismo si ammetta la vitalità o per lo meno la utilità di altre correnti particolarmente sensibili ai problemi morali (socialisti mazziniani, etici, cristiani), o ai problemi di autonomia e di forma politica (repubblicani, autonomisti), o ai problemi di libertà e di dignità individuale (socialisti liberali e non pochi sedicenti socialisti anarchici), ecc. ecc. Negli ultimi trent’anni il movimento socialista italiano si è come cristallizzato e ha perduto progressivamente ogni virtú di assorbimento e di intera ricomposizione. Esso si è ritagliato una fetta, certo cospicua, nel panorama sociale italiano; ma ha finito per accontentarsi di lavorare su quella, rinunziando implicitamente ad estendere la propria influenza e a rinnovarsi; e ha cosí favorito singolarmente il trionfo di altri movimenti, come tipicamente quello democratico cristiano, o ha allontanato da sé ogni fervore di vita culturale.


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Socialismo liberale
di Carlo Rosselli
pagine 184