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      Ma intanto che i cavalierini incipriati stavano indugiandosi alle soglie del camerino della Gaudenzi, in aspettazione dell'ultima occhiata, e tutti nella speranza che quell'occhiata significasse una scelta, senza, del resto, arrivar a comprendere che la Gaudenzi era sudatissima e sentiva il bisogno di spogliarsi e rivestirsi, e nel suo segreto, pur conservando l'amabilità dell'azzurra pupilla, li mandava tutti al diavolo, s'intesero voci d'alterco sul palco scenico. - Ad un illuminatore, che passava in quel punto, tutti que' gentiluomini si volsero per domandarli di che si trattasse:
      - È il signor Amorevoli che non vuol più cantare...
      - Come, come?
      - Per questa sera, no.
      - Ma perchè?
      - Dice di star malissimo, e i medici, richiesti dai cavalieri ispettori, dichiarano invece che non è mai stato così bene; ed egli ha minacciato di bastonar tutti quanti, cavalieri, ispettori e medici... - e senza dir altro e sghignazzando di gran voglia, l'illuminatore passava oltre. - Allora gli spasimanti della Gaudenzi s'allontanarono dalla loro vittima e mossero a spingere un occhio e un orecchio curioso al camerino del tenore. Ma tutto era tornato nella più perfetta calma. In conclusione, convenne fare la volontà del tenore, il quale dichiarava che, quand'anche non avesse la febbre richiesta dai regolamenti del teatro, pure non poteva spingere la voce al di là del sol, aveva compromesso il la, e sarebbe stata una imprudenza solamente a parlare del si e dei falsetti. Così, dopo alcuni momenti, uscì l'avvisatore a gridare dal proscenio, in mezzo ad un silenzio di tomba:


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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