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      In quanto a voi, signor Amorevoli, quando pure sia vero quanto asserite, bisogna che veniate a passare una notte al Pretorio... Domani... si farà quel che si farà...
      Amorevoli non disse una parola.
      Quando tutti furono al portone del palazzo, trovarono una frotta di gente che, sebbene ad ora tarda, dalle osterie vicine, era accorsa al rumore e alla vista delle guardie. - Tra quella frotta c'era Zampino, il servo del palco scenico, che riconobbe Amorevoli, ed ebbe il coraggio di gridare:
      - Che cos'è? che cos'è stato? che diavolo è successo? Ma signor Amorevoli.... Ma loro signori non sanno che è il primo tenore del teatro Ducale? È uno sbaglio, non può essere che uno sbaglio.
      - Taci, Zampino, e va' a casa - gli disse Amorevoli.
      Ma il tenente gli si rivolse, e sentito chi era desso:
      - Giacchè sei qui, soggiunse, la tua presenza può essere opportuna... e vieni con noi anche tu.
      - Dove?
      - Al Pretorio.
      - In prigione?
      - Sta' queto, Zampino.
      - Ma che diamine ha fatto, signor Amorevoli, in quel poco tempo ch'io stava mangiando il mio boccone all'osteria!... e quasi piangendo lo seguì.
      Ed in breve furon tutti al palazzo del Pretorio.
     
      VII
     
      Il giorno dopo, a quell'ora in cui si può giurare che tutto il mondo è svegliato, ad eccezione degli ammalati che hanno preso la decozione di morfina, dei giuocatori che nella notte hanno voluto ad ogni costo inseguir la fortuna che li fuggiva, e di altre cento eccezioni; in quell'ora, che a buoni conti noi la poniamo due o tre quarti d'ora dopo mezzodì, chi si fosse preso il diletto di percorrere la città di Milano in cabriolet, facendo sosta alle botteghe di cioccolatteria e di bottiglieria, e a quelle per la vendita del tabacco; in piazza del Duomo, in pescheria, in piazza dei Mercanti; o fermandosi presso i libraj Agnelli e Motta e Bianchi e Galeazzi, in Santa Margherita, dove facean cerchio maestri, accademici, letterati, preti, giureconsulti; o presso gli speziali Rapazzini nei Tre Re, e Archinti in piazza del Duomo, e Omodei a porta Romana, dove s'adunavano i medici e i chirurghi più riputati della città; o nelle sale degli Accademici Trasformati in casa Imbonati, sulla piazza di San Fedele, o nello studio di pittura del Londonio, giovane allora di 22 anni, che già raccoglieva d'intorno a sè i capi più strani e pazzi e avventati della città; o sotto il Coperchio de' Figini nelle botteghe di mode, frequentate dalle più eleganti dame; o nel salon di qualche maravigliosa, per esempio, della contessa Marliani, la regina dello spirito e della maldicenza; o in quello della contessa Clelia Borromeo del Grillo, calamita dei numerati patrizj dediti agli studj, e degli abati poetanti e dei maestri di spinetta; ovvero nella bottega del parrucchiere Blanchy, nato Giuseppe Bianchi in Cordusio, ma che avea cangiato nome dopo il suo viaggio a Parigi, donde avea importato nella nostra bella patria, per la prima volta quel tal puff a capitello che era lo spasimo delle nostre dame; nella qual bottega non sdegnavano di soffermarsi i più sfoggiati cicisbei o per farsi raccomodare un riccio, o rimettere un neo caduto, o rimpastare un po' di biacca e belletto.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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