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      Alcuni allievi del ginnasio di Brera, delle classi superiori, giovinetti dai quindici ai sedici anni, finite le scuole, uscirono un dì in truppa dalla porta maggiore del palazzo, e di là traendo per le contrade, si dilettarono a metterle a rumore, trattenendosi di tanto in tanto a far celie e dispetti ai passanti, ai bottegaj, alle vecchie portinaje, alle livree passamantate di qualche casa, ai cocchieri, ai lacchè, ecc., ecc.; quando, un di loro, proponendosi qualche soperchieria più saporita, rivolto ai colleghi di scuola, così disse: - Andiamo a vedere il nuovo guardaportone del senator Goldoni. Invece di quel bell'uomo che aveva prima, il Marchese ha voluto seguir la moda, e s'è provveduto di un nano, ma il più brutto e laido nano che m'abbia mai visto; non patisce che nessuno si fermi a guardarlo, e sfido a vincere la tentazione. A chi gli ride in faccia, ringhia come un cane, e scaglia invettive a tutti, e qualche volta mena anche a tondo la lunga canna d'India, che a chi gli tocca il pomo nelle gambe non è un servizio. Il senator Goldoni sa tutte queste cose, e va superbo di questo bel mobile; e quando sa che il suo nano ha fatto cadere il pomo del bastone su qualche testa o qualche schiena, gli dà doppia giornata e doppio pranzo. - Ora, fatto tesoro di queste parole, i compagni mossero tutti e di gran lena, senza nemmeno far precedere una consulta, alla volta del palazzo Goldoni. Giunti di faccia al quale, e visto che il nano guardaportone era là tronfio e pettoruto, e con un faccione protervo e provocatore e ghignoso, tosto si schierarono in semicerchio innanzi a lui, e si misero a cantare in coro una villotta allora in voga, dove c'erano delle celie che parevan pensate e messe in musica apposta per esso.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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