Pagina (108/1507)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Quella sua natura inquieta e libera, per la quale non aveva potuto sopportare il giogo paterno, nè indursi a chiudersi in una città sola per tutta la vita, dimostra com'egli fosse più adatto che mai ad esaltarsi alle idee di quei quattro atleti dell'intelligenza, che erano destinati a far da leva al mondo invecchiato.
      Fin da giovinetto, quantunque i precetti paterni avessero fatto di tutto per chiudere il suo spirito in una scatola, egli aveva però compreso, in confuso, che troppe cose non andavano bene intorno a lui; a Venezia, per esempio, si era invelenito pensando alla consuetudine delle denunzie segrete, e siccome aveva visto che colà al reggimento della cosa pubblica non saliva che il patriziato, ad esso dava colpa di tutto e l'aveva preso in odio con tutta l'esagerazione di un giovane più caldo che riflessivo, il quale non guarda che un lato unico dei prospetti umani. Nè, quando stette fuori di Venezia, potè mai nelle altre città trovar cosa che placasse l'ideale delle sue aspirazioni; e allorchè, venuto a Parigi e lette le prime opere di Voltaire, e sentitosi preso d'amirazione per esso, udì poi raccontare il fatto, incominciato a tavola del duca di Sully, tra Voltaire e l'arrogante marchese Rohan Chabot, e finito in istrada con quella bastonatura che il nobile borioso avea fatto applicare, per vendetta, a Voltaire; tanto più sentì crescere l'avversione verso quel ceto, il quale allora almeno, se non cercava di aggiungere i proprj ai meriti aviti, si ajutava d'orgoglio e di prepotenza per essere rispettato.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Venezia Venezia Parigi Voltaire Sully Voltaire Rohan Chabot Voltaire