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      - Il pubblico di Milano, esclamò allora Lorenzo, scoppiando dall'ira e dalla commozione, potrà versare a' tuoi piedi tutto l'oro che costa il suo Duomo... ma faccia conto d'averti veduta per l'ultima volta. Del rimanente aspetto sabbato...
     
     
      V
     
      Ad un savio, non ci rammenta più nè quando nè dove, fu domandato: quale può essere la cosa più fatta per addensare la tristezza nel cuore di un uomo sentimentalmente intellettuale? - Forse la vista di un campo santo, ha egli risposto, nelle ore notturne, con cielo profondo, e luna pallida e stelle tremule e fuochi lambenti e strigi volanti? No. - Forse la cima inaccessa delle Alpi, dove il cacciatore rimane percosso dal mortale solengo? O in una campagna abbandonata e brulla durante il bigio novembre, la vista di uno stagno, sull'opache acque del quale incumba immobile, da un ramo che vi peschi, un decrepito airone? O la solitudine infinita del mare ghiacciato, dove Alfieri, poeta e viaggiatore, potè scoprire com'è tremendo il silenzio quando sta nel suo regno desolato? No. - Forse una camera anatomica, dove il coltello dell'investigatore chirurgo sprigioni i gas più letali e più putridi da un cadavere umano? No. - Che luogo dunque? - Una festa da ballo. - Così rispose quel savio, con incredulo stupore di tutti; ma per quanto potesse essere uno strano pensatore, noi dividiamo perfettamente la sua opinione. Se fosse possibile scrivere un compendio della storia dei dolori, dei disastri, delle tragedie, degli odj, delle vendette, dei delitti di cui il primo filo, più o meno avvertitamente, fu gettato nel rigurgito abbagliante della luce notturna, nel vortice fracassoso delle danze, nella polvere sollevata, nella gioja, nell'orgia, negli scherzi vellicanti, nel motteggio malizioso, nell'epigramma ambidestro, nella schiuma dello sciampagna, nell'allegria saltante, nelle grida incondite, nell'ebbrezza, nella stanchezza, nella dormiveglia di una festa da ballo in maschera; quel compendio sarebbe più voluminoso delle più voluminose enciclopedie condensatrici dell'umana sapienza.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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