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      - Ma Galantino alzatosi tosto, varcò la soglia, e fu nel mezzo della sala, faccia a faccia con donna Clelia. Il servo si ritrasse, nè la contessa gli osò dir di fermarsi. quantunque ne avrebbe avuta tutta la volontà. Passò qualche momento in cui Galantino stette aspettando che donna Clelia si ponesse a sedere; ma quando vide ch'ella non movevasi, senza mostrare il benchè minimo disdegno a quell'attitudine di regina in trono, con una disinvoltura piena di garbo e con un sorriso dolce, sebbene un po' affettato, le offerse egli stesso una sedia, rompendo in questi termini il silenzio:
      - Signora contessa, io non sono più il Galantino di Milano, sono il signor Andrea Suardi, venuto a fermar la mia dimora a Venezia, perchè qui, secondo il mio gusto, si spendono meglio i danari e si gode meglio la vita. La fortuna mi è stata favorevole, e le carte e i tavolini verdi hanno fatto venire nelle mie mani il danaro altrui. Oggi sono benestante e ricco...; col tempo poi non è affatto improbabile ch'io diventi anche nobile. Conosco due o tre qui di Venezia, che cent'anni fa attendevano al miglioramento delle carni suine, ma che per aver fatto in processo di tempo un prestito alla serenissima repubblica, oggi son nobili, dell'ultima qualità questo s'intende, ma nobili in ogni modo. In quanto a me poi, l'assicuro, signora contessa, che del mio passato appena mi ricordo.
      Così dicendo, e porgendo la sedia, col gesto pregava donna Clelia a voler sedere. Per quanto la contessa sentisse dentro di sè sdegno e disprezzo e persino paura di quel vezzoso serpente che le stava davanti, pure si lasciò per il momento quasi deviare e placare da quell'aspetto così vago e sorridente, da quell'eleganza così profumata; credeva, ma senza che nemmeno sapesse formular la cosa a sè medesima, che quel volto geniale, que' modi eleganti e quel ricco vestito costituissero come un muro di divisione tra lei e l'abbiettezza e la tristizia di quel giovane.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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