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      - L'uomo è così fatto: anche il più sapiente, anche il più astuto ama lasciarsi ingannare dall'apparenza, anche allorquando sa benissimo che di sotto sta il marcio. - La contessa dunque accettò la sedia, e dirimpetto a lei si pose a sedere il Galantino.
      - Mi rincresce, disse allora questi, ch'io debba incominciare il mio discorso con un rimprovero... e sorrideva maliziosamente, mentre la contessa, abbassando gli occhi, non rispondeva. - Che malefizio egli è poi, seguiva il Galantino, perchè lo si debba rompere in due da chi veglia a notte tarda, che malefizio può essere egli mai che un giovinotto, il quale non è ammogliato, faccia la sua corte ad una ragazza che non è maritata?
      E fece un'appoggiatura su questa parola, e nel pronunciarla, tutto il dolce che prima avea tentato di accumulare nella sua vivace pupilla, scomparve, per lasciar intravedere un guizzo di luce sinistra e serpentina.
      La contessa, tutta rimescolata a quelle parole, alzò di repente gli occhi che aveva tenuti abbassati, e li fermò con tanta serietà negli occhi mobilissimi del Galantino, che questi pensò di ammorbidire la lama, e di darle una piega.
      - Io non aveva cattive intenzioni (continuava), e non ne ho; ma che colpa è la mia se quella ragazza è la figlia del conte Zen? poichè, venga il diavolo a portarmi via, ma posso giurare che aveva tanto la testa ai tavolini verdi in questi giorni, ch'io non pensavo a ragazze; ma colei mi parlò tante volte e così chiaro con que' suoi occhi da penna di pavone, che a non tenerle dietro e a non accompagnarla per vedere dove fosse il suo palazzo, sarei stato una gran bestia.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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