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      - Ma io sì che tengo i piedi in un pantano, da cui sarà difficile uscir netti, perchè se rispetto la verità e la giustizia e la coscienza, son sassate che vanno a cadere sull'invetriate dell'aula dei magnificentissimi senatori; e se mi propongo di lavorar di scherma soltanto per far sentire il suono del fioretto, ma senza ferire, io avrei vergogna di me stesso, e allora sarebbe meglio lasciar la difesa a un altro.
      - Ed io ne' tuoi panni farei questo precisamente.
      - Bel consiglio!
      - È il migliore...
      - E lasciar in balia di qualche scimunito la ragione di quel povero diavolo di Lorenzo Bruni, che ti so dire essere un uomo di proposito e di pensamenti generosi tutt'altro che vulgari! Eppure non è che un povero suonatore di violino; ma quando questo è sano (e picchiava colla punta del dito sulla fronte), e la ragion naturale può andar dritta per la sua strada senz'essere trattenuta, contrastata, deviata dai pregiudizj, oh che sapienza è l'ignoranza!...
      - Ma e che dunque ti proporresti di fare?
      - Nient'altro che mettere la mia coscienza nel vuoto pneumatico, e liberarla da tutta quella pesantezza che le potrebbe derivare dai rispetti umani, e allora...
      - E allora?
      - Sarà quel che sarà. Ma non dir nulla di questi nostri discorsi nè con tuo padre, nè con altri, nè col marchese Beccaria, lo zio di Cesarino... A proposito del qual Cesarino, sai tu che egli è un ragazzo adorabile, e che tremo di lui soltanto perchè quello zio testardo potrebbe far tanto da riuscire a guastarlo?...
      - Oh... sinchè Cesarino sta in collegio a Parma, non è possibile che lo zio possa far male co' suoi consigli stemperati nelle lettere.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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