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      E due lagrime lente le rigaron la guancie.
      - Ma io, continuava, non so farmi capace, signor conte, che vi possa essere così grave delitto nell'aver messo una maschera ad una festa da ballo... In fin de' conti, che intenzione era la sua? Quella di far vedere che il pubblico aveva torto e che io era innocente... Ben è vero che offese gravissimamente una nobil donna, ma, per quanto sento a dire, pare che questa nobil donna... fosse davvero la... e allora... di chi è la colpa?...
      Pietro Verri sorrideva e compiacevasi di sentir quel discorso vivo e animato, e reso più attraente dall'accento veneto, chè, se non lo abbiam mai detto, lo diciamo adesso, la Gaudenzi parlava il dialetto veneziano, quantunque, pel tramutarsi ch'ella faceva continuamente di luogo in luogo, lo avesse tant'o quanto alterato.
      - Cara mia, sapete voi che cos'è la legge?
      - Cosa so io? ma la legge dovrebb'essere tutto ciò che è giusto.
      - Ed ella infatti si propone la giustizia... ma non sempre la raggiunge, nè lo può; perchè la legge bisognerebbe che potesse trasformarsi all'infinito come tutti gli accidenti umani, e tener dietro a tutte le bizzarrie della fortuna.
      - E così qualche volta chi ha ragione paga i debiti di chi ha torto... È questo l'intercalare del signor Lorenzo. Ma mi vorrebb'ella dire di grazia, signor conte, per qual motivo il metter maschere ad una festa da ballo fu posto nel numero dei delitti?
      - Per i cattivi usi che se ne fecero troppo spesso dagli uomini cattivi.
      - Ma allora si dovrebbe punire il cattivo uso e non l'uso delle cose: sarebbe bella che fosse proibito a parlare, perchè parlando si possono dire delle calunnie!


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Verri Gaudenzi Lorenzo