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      Così dunque pensò, e così fece. Ma ci voleva ben altro. Lavorò buona parte della notte e il giorno successivo a far la traduzione; poi al terzo dì la presentò al Capitano di giustizia. Non ci pare qui il luogo opportuno di riportare per intero quella lunga difesa, nè tampoco di darla tradotta, nel nostro italiano; chè troppe cose sono in essa riassunte, le quali già furon dette e ripetute da noi in più luoghi; soltanto diremo come l'esordio toccasse alcune idee generalissime intorno alla genesi ed allo scopo della legge, nel quale intese a far campeggiare il concetto, che tutti debbono essere eguali in faccia ad essa; poi venne a parlare delle leggi statutarie, poi delle gride e ordinanze suggerite da casi speciali; poi si fermò all'ordinanza del ministro plenipotenziario governatore di Milano, conte Palavicino, relativa alle maschere-ritratti, lodandone assai l'opportunità e la saviezza.
      Ma qui parlò dell'intento che aveva quell'ordinanza, la quale proibiva le maschere non per sè stesse, ma per i gravi e deplorabili danni che, adoperate da uomini iniqui, avevano prodotto; faceva allora acutamente intendere come la prava intenzione e il delitto consumato per mezzo di essa erano i soli elementi che costituivano il caso della penalità e della sua misura. E poi, piegando la parola al fatto speciale del Bruni, mostrava che non avendo egli avuto nessuna prava intenzione, anzi l'intenzione essendo stata lodevole come di chi protegge e difende chi sopporta ingiustamente una calunnia; e, per risultato, non esibendo la consumazione di nessun delitto, ma sibbene lo scoprimento di una verità che ridondava a vantaggio dell'innocente e a danno di chi veramente era in colpa; venivasi con ciò a costituire un caso specialissimo, pel quale quell'ordinanza doveva cessare dalla sua forza attiva, e, in ogni modo, doveva consigliar d'interpellare il voto dell'eccellentissimo governatore per una grazia straordinaria.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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