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      Ma che intenzioni aveva il conte? che voleva? che pretendeva? In verità esso non ne sapea più di quello che ne sanno in questo punto i nostri lettori.
      Noi non abbiamo avuto mai il tempo di fare uno studio fisiologico di questo personaggio, perchè ogni qualvolta ci capitò innanzi, si aveva tanta carne a bollire, che appena appena lo abbiam guardato di traverso; ma oggi convien pure che ne tiriamo il profilo, almen col carbone, se non colla matita o col pennello. Quell'uomo, pigliato in natura, non era un cattiv'uomo; e prima dell'invenzione degli stemmi e dei quarti di nobiltà e de' pregiudizj, probabilmente non sarebbe stato nemmeno il più orgoglioso tra i membri dell'umana razza; sebbene la sua testa fosse molto grossa, il che, stando coi cranioscopi, è indizio di gran mente, pure convien che lo spessore della crosta ossea avesse occupato una buona metà dello spazio che bisogna concedere al cervello perchè adempia passabilmente alle sue funzioni. Non vogliamo dire con ciò che esso mancasse al tutto d'intelligenza, no. La sua testa avea più d'uno spiraglio per cui poteva penetrare, sebbene a stento, qualche raggio dal di fuori. Ma le poche idee che erano entrate là dentro vi si fermarono con tenacità pari allo stento onde vi si erano introdotte, generandovi una durezza ed una ostinazione indomabile. Se fosse lecito imitare i caricaturisti parigini, che cercano nella struttura delle bestie le forme più adatte a dar idea di alcune varietà di tipi umani, a quel conte noi troveremmo il riscontro piuttosto in un bisonte, in un ariete, in un merinos che in altro animale.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507