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      Apparteneva insomma alla razza delle bestie cozzanti, la meno intelligente e la men domabile di tutte. Però, a lasciarlo tranquillo, era un buon diavolone d'uomo; e soltanto ad aizzarlo, ad inquietarlo, lo si riduceva nella condizione d'un toro, che punzecchiato, arrota gli occhi sanguigni, alza la coda, curva il collo, abbassa la testa, e vibra cornate a tutti quelli che gli si fanno incontro. Cresciuto in seno ad una famiglia il cui sangue, per parte di padre, era un fiume reale che aveva avuto le sue prime scaturigini da un ramo del gran ceppo dei re di Spagna; e per parte di madre, da colui che portò dalla terra santa lo scudo colla biscia; l'idea del suo alto lignaggio fu introdotta e ribadita per tal modo nella sua testa colle sue idee concomitanti e conseguenti, che non per sè, ma per quello, si sarebbe fatto mettere in pezzi. A codesta idea convenzionale dell'onor del sangue, veniva poi a confederarsi l'altra idea pur convenzionale e parimente indomabile, e per la sua natura, più pericolosa, dell'onore del soldato. Esso era stato, come sappiamo, colonnello di cavalleria, e le sue fazioni di guerra le avea fatte con coraggio e con fede; e perciò all'assisa, agli stivali, allo squadrone, in certi momenti, dava assai più importanza che alle nove stelle della corona sormontante il suo stemma. Però al suo cospetto e quando si parlava con lui, siccome era pieno di sospetti e non sempre intendeva le cose nel loro vero senso, bisognava comportarsi con mille riguardi e precauzioni, perchè non pigliasse le parole in mala parte, e adombrasse al punto di chiamarsi offeso colle formole dell'etichetta militare; chè allora non c'era più rimedio, bisognava battersi con lui.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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