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      Non si mosse per non incontrarsi in colui, negli occhi suoi, per non sentir la sua voce, per non provocare nuovi parlari, per non essere cagione di nuovi scandali; nè si creda che la paura del marito abbia potuto influire sulle sue deliberazioni. No, al marito non pensava, nè poco nè assai; lo fuggiva colla mente, come allorquando si torcono gli occhi da una imagine disgustosa, e passava ad altro; onde il timore non potè mai padroneggiarla. Solo pertanto il fermo proposito di non voler vedere Amorevoli la trattenne in casa. Però se questa non è virtù, noi non sapremmo invero dove andarla a pescare. Seduta a canto a quella finestra, ella sentì suonar due, tre, quattr'ore al campanile di S. Polo, quando un cameriere venne ad annunciarle che il conte Alvise Pisani domandava d'essere introdotto.
      Introdotto ch'esso fu:
      - Mi rincresce, contessa, egli disse, d'essere stato costretto a rompere il silenzio della vostra camera. Ma voi non avete voluto appagare il desiderio vivissimo che avevamo della vostra presenza nella mia casa in questa sera; vi supplico a voler essere cortese all'invito che per mia bocca vi manda il doge.
      - Il doge?... e che... non ho io nessuna volontà, caro conte, di occuparmi stasera in discorsi d'astronomia.
      Perchè il lettore possa comprendere queste parole, dee sapere che il doge Grimani, uomo dottissimo, era particolarmente versato nell'astronomia, e però la prima volta che gli venne presentata, in un'altra serata musicale, la contessa Clelia, sapendo quant'ella fosse istrutta in codesta scienza, s'era compiaciuto di intrattenersi con lei in argomenti affini; e per quel discorso, che s'era prolungato più di quello che parea comportare una conversazione di diporto, esso avea fatto una così alta stima della contessa, che parlandone poi a molti, avea contribuito ad accrescere più che mai la voga in che era venuta la bella lombarda.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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