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      Almeno i Barbari erano più logici di noi. Dipartivano bensì da una falsa premessa nell'assegnare i motivi a tale costumanza, ma, dopo la premessa, cessava l'assurdo e le deduzioni camminavano regolarmente. Nel duello, che per loro non era altro che un modo dei giudizj di Dio, essi ponevano per principio che la divinità avrebbe data la vittoria a chi aveva la ragione. Codesta credenza spiega la causa primitiva del duello, il quale poteva sussistere fin che le menti rimanevano acciecate dal pregiudizio; ma non si sa più conciliarlo con verun fine logico dal giorno che tutti furono persuasi che la vittoria dipende dalla fortuna e dalla vigoria, non mai nè dalla giustizia, nè dall'intervento divino. Anzi il fatto diventa ancora più inesplicabile quando si pensa che, precisamente allora che il mondo fu persuaso che Dio non interveniva in codeste prove a fiaccare il braccio di chi aveva torto, e a dar forza al debole che aveva ragione; precisamente allora, ossia nel secolo decimoquinto, quando la civiltà sembrò avviata verso la sua massima altezza, sorsero scrittori a decine per comporre quella che chiamarono scienza dell'onore e del duello.
      I legisti di quel secolo, volendo giustificare il duello, si piantarono sull'idea dell'onore convenzionale, senza riguardo nessuno alle leggi invariabili della morale; onde i celebri giureconsulti Passevino, Paride del Pozzo, Baldi, Grimaldi e gli altri seguaci, offrono il miserando spettacolo della scienza intenta ad accrescere occasione alle aberrazioni dello spirito umano.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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