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      Beltà calcolatrice e perfida, che si compiaceva della interminabil schiera delle sue vittime, e che bisognava ostentar di sprezzarla, per farle spuntare in cuore, se non l'amore, almeno qualche velleità di simpatia. Discendeva la M..., bruna beltà capricciosa, dalla pelle di raso, e dall'occhio andaluso, lucente e tremulo come l'astro di Venere, e che precisamente, pari alla dea che imprestò questo nome a Lucifero, trattava lo sposo come Vulcano, quantunque non fosse zoppo, e lo sagrificava a Marte, anzi a un drappello di semidei più o meno guerrieri che si movevano in evoluzione in faccia a lei, e ch'ella cangiava e sprecava come i guanti e le pantofole. Discendeva la B..., bellezza epigrammatica e mordace, che già navigava cogli anni verso l'equatore della vita femminile, e copriva di nèi le incipienti rughe, che un suo amante corbellato e tradito chiamava i solchi del peccato. Discendeva la S..., beltà perfetta, ma più carnale che spirituale, dall'occhio di capra, dal collo della Diana efesia, dalle membra in cui trionfava la linea curva; sparpagliante a tutti sorrisi ed occhiate, e che era la delizia dei giovinotti in pensione, che, varcati i trentacinque, galoppavano verso i quarant'anni.
      Discesero altre più o meno desiderate, più o meno belle, più o meno alte, più o meno grasse; sebbene il guardinfante dal cinto in giù le facesse tutte d'una circonferenza... e tra l'ultime discese la contessa Clelia, che Alvise Pisani e il procurator Foscarini accompagnarono alla scalea, presso alla quale, sotto l'atrio, successe come un ingorgo d'uomini e donne, mentre al di fuori era una confusione inestricabile di gondole e di gondolieri, i quali rispondevano, Vengo, Son qua, al servo colla torcia che gridava i nomi dei signori che si presentavano per andar via: Casa Mocenigo, conte Erizzo, senator Barbaro, Polcastro, Caotorta, Zen, contessa Rezzonico, contessa V..., e questa, dopo un quarto d'ora d'aspettazione, sentì la voce del gondoliere Bianchi, ch'era scivolato tra gondola e gondola fin lì. Il conte Pisani diede il braccio alla contessa, che discese finalmente i gradini, e si adagiò sotto il felze.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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