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      Era tradizionale il cattivo credito in cui era tenuto il suo casato, fin dal bisavolo che aveva tormentati i figli cadetti per concentrare nel primogenito tutte le ricchezze. Codesta, come sanno i nostri lettori a sazietà, costituiva allora un modo impreteribile nell'economia della ricchezza patrizia; ma v'erano tuttavia diversi mezzi di farla valere, e i mezzi adottati da quel bisavolo furono de' più disumani. Bensì un ricchissimo parente, il quale non aveva avuto buon sangue con quel tristo antenato, per fargli dispetto, lasciò erede di tutto il proprio un suo figlio secondogenito; (chè troppo spesso nei testamenti, i quali, essendo fatti in fin di morte, dovrebbero pure essere atti di purificazione di tutta la vita, si condensa invece tutta l'acredine morbosa d'una mala esistenza). E colui vincolò la cosa in maniera che, rimanendo senza figli il suo erede, la sostanza dovesse passar sempre al secondogenito. In virtù di questa disposizione, il conte F..., dopo avere, nella sua qualità di secondogenito, odiato per cinque anni il primogenito marchese, e vissuto in continuo timore che lo zio non morisse abbastanza in tempo, e potesse mai congiungersi ad una moglie feconda, ebbe finalmente la consolazione di sentirsi annunciata la morte dello zio, e di andare al possesso di quelle sostanze che gli si competevano per diritto.
      Questo fatto, togliendo di mezzo le funeste disuguaglianze, avrebbe dovuto scemargli l'avversione ch'egli avea pel fratello marchese; ma fosse che, duratagli in petto tanti anni, quella fosse passata in istato cronico, o il pingue cibo gli avesse cresciuta la fame; dal giorno precisamente in cui diventò ricchissimo, cominciò a pensare, struggendosi di desiderio, come il casato F... sarebbe stato il più ricco di Lombardia.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Lombardia