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      Patrini era professore di chirurgia pratica, temuto anch'esso per l'imperterrita asprezza, ond'era fama che sgomentasse gli amputandi per averli docili e immobili sotto al ferro operatore. Dalla scuola di lui e del Moscati doveva poi uscire il celebre Paletta. Il dottor Gallaroli era un ometto rubicondo e allegro, ricercatissimo in tutte le case cospicue e un po' agiate della città, perchè dicevasi che guariva spesso gli ammalati colla sola sua presenza e col buon umore onde purgava l'aria mefitica delle stanze da letto. Smontati i dottori dalle carrozze, e scomparsi dalla vista del pubblico, la ragazzaglia, com'è consueto, si fermò a vedere le rispettive carrozze e i cavalli.
      È difficile a spiegare il fenomeno, ma le bestie domestiche ritraggono assai del carattere dei loro padroni, o diremo più giusto, della professione dei loro padroni; segnatamente i cavalli da tiro che stanno lungo tempo al loro servizio. Il cavallo di un medico, inquartato e ben pasciuto, ha qualcosa di solido, di posato, di severo, che impone alle moltitudini press'a poco come il cavallo d'un arciprete. Un occhio avvezzo, senza conoscere il padrone, può distinguere al corso e tra la furia delle carrozze il cavallo del medico dal cavallo del sensale, da quello del patrizio titolato, e perfino può distinguere le gradazioni d'indole e d'età di coloro che stanno in carrozza. E i tre cavalli dei tre dottori, a cui la ragazzaglia facea circolo, confermavano più che mai codesta nostra opinione. Tutti e tre dell'altezza di più che trent'once, tutti e tre gravi e vecchiotti e un po' meditabondi, parevano dire, in loro tenore, al vulgo profano: rispettateci che siamo al servizio della scienza.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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