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      - Ma parlate, in nome del cielo; voi mi spaventate. Di che dunque si tratta?... Io non conosco fatto nessuno che possa recar tali effetti.
      E qui donna Paola, con voce bassa, manifestò alla contessa la deposizione del Galantino.
      Donna Paola, proferita ch'ebbe la trista parola, avvezza a leggere nei repentini guizzi del volto quel che passava nell'animo altrui, allorchè la contessa balzò in piedi saettando lei d'uno sguardo che dell'orgoglio offeso avea persino la ferocia; d'uno sguardo che, incredibile a dirsi, esprimeva quasi un iracondo disprezzo per lei medesima; d'uno sguardo che sembrava persino minacciare un atto violento; si alzò di colpo, tanto si tenne sicura dell'innocenza della contessa, le buttò le braccia al collo, la baciò e la ribaciò in volto, poi disse:
      - Che voi siate mille volte benedetta, cara la mia donna, ho avuto torto di credere a una tale accusa, or vogliate perdonarmi. Ma, pur troppo, dovevo parlar chiaro e così.
      La contessa si buttò allora a sedere, come spossata. Successe un lungo silenzio... Cadevano intanto le lagrime a dirotta sulle pallide guancie della contessa, che il suo labbro convulso beveva, quasi a tentar di nasconderle. E donna Paola s'era volta altrove per non turbare quel profondissimo dolore... e quando macchinalmente prese e aprì un libro, ne bagnò le pagine di due grosse lagrime repentinamente sgorgate anche a lei.
      In questa fu bussato alla porta, e, senz'attender altro, entrò un vecchietto colla zazzera del tempo del senator Filicaja e con una giubba stata già rossa color fuoco, ma pel lavoro degli anni diventata color zenzuino.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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