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      - Di nuovo mi trovo costretta, replicò allora la contessa, a domandare se mi si dà licenza di continuare a parlar con libertà.
      E di nuovo accennatole dal capitano affermativamente:
      - Io non mi lagno, continuò la contessa, che la giustizia abbia fatto quel che doveva fare; mi lamento bensì che nell'intento di rintracciare il capo di quel filo assurdo che venne messo fuori dal costituito Suardi, siasi incominciato di là dove, al peggio, avrebbesi dovuto finire. Comprendo assai bene quanto possano parere e siano ardite e, ciò che più monta, intempestive e dannose le parole di chi, invitato a difendersi in giudizio, vuol farsi censore dell'autorità; ma ci sono tali ingiurie, che, da qualunque parte vengano, non è permesso non respingerle con coraggio. La colpa di che obliquamente mi si vuole imputare, e che in uomini gravissimi e sapienti come voi potè pure prendere stanza, è di tale natura che ogni prudenza si ribella; e l'onestà, crudamente offesa, si rivolta iraconda non solo contro l'accusatore, ma anche contro chi ha potuto credere all'accusa, e così procedere di conformità... Questa è forse la prima volta che da chi sta al mio posto è tenuto un linguaggio di tal natura a chi sta al vostro, ma io confido che l'illustrissimo capitano vorrà tener conto della specialissima condizione in cui mi trovo.
      - Vi ho lasciato parlare, contessa, prese a dire allora il capitano, perchè ve ne avevo dato licenza, e perchè è a tener conto della condizion vostra appunto. Ma la giustizia non può avere de' speciali riguardi per nessuno, nemmeno per l'innocenza, fosse pur veduta con certezza, quando da circostanze eccezionali è tratta a comparire come rea convenuta innanzi alla legge.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Suardi