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      - Sì, signori, è vero, e ne ho le ragioni, e gravi. Prima di tutto costui... che regala del proprio agli altri... e non è mai stato innocente nemmen quando poppava, perchè vi son dei serpenti che avvelenano appena usciti al sole... costui dunque non mi restituì mai cinquanta lire che gli ho prestate, e una sera che gliele richiesi, in faccia agli avventori, mi appoggiò un pugno qui... che, ecco, mi spezzò questo dente. Poi... ma...
      - Taci lì, che continuerò io, aggiunse il Galantino cacciandosi a ridere nel profferir quelle parole.
      Il Barisone fremeva...
      - Sappiano dunque, signori... e innanzi tutto già si sa che si è di carne, e dove c'è carne c'è sangue. Ebbene, questo bel pappione s'è fitto in testa di sposare la figlia della lavandaja dell'albergo. Un fior di ragazzotta, giovane e fresca... una gioncata colle fragole. Il marito dunque era costui... ma...
      - Taci...
      - Dopo qualche mese la bella sposa... si guardò dunque intorno e vide che, in conclusione, ci voleva qualche cosa dolce per far passare l'amaro dell'aloè. Il caso ha voluto che io gli capitassi innanzi nel momento appunto che era presa dalla nausea di questo gabbiano... Ora chi non lo sa? l'uomo è cacciatore... e quando l'allodola è novella... va presto nel carniere... Del resto la colpa... (e qui si diede a sghignazzare come se fosse in piazza) è di costui che una notte, invece di stare all'osteria, è venuto a casa due ore prima del consueto... e si cacciò a strepitare come uno spiritato ed io a dar giù botte da orbi.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Galantino Barisone