Pagina (427/1507)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      .. perchè questi mariti gelosi van tenuti in soggezione. Così la bella lavandaja tornò a picchiar sulla pietra, e costui giurò di vendicarsi di me. Ecco tutto.
      A queste parole del Galantino, e il viso tra il goffo e l'iracondo che faceva il Barisone, sulla faccia dell'attuaro guizzò un sorriso fuggitivo, ch'esso respinse a forza aggrondando il sopracciglio; l'illustrissimo signor capitano guardò con severità l'attuaro, quasi ad ammonirlo perchè desse sulla voce al Galantino e lo richiamasse al dovere ed al rispetto; ma due giovani scrivani, che, per fatalità, s'erano adocchiati, si comunicarono a vicenda quella volontà contagiosa di ridere, che cresce in ragione diretta della sconvenienza, della gravità della circostanza e della severità dei superiori. Ben la nascosero in prima con tali conati da meritare ogni maggior elogio da chi tien conto dell'intenzione; ma i conati e gl'impedimenti non fecero altro che accrescere gl'impeti convulsi, di modo che, dopo essersi soffocati per qualche tempo, come si fa colla tosse quando potrebbe tradire un segreto pericoloso, alla fine scoppiarono in uno schianto così scandaloso e indecente, che la terribilità del luogo, la gravità del signor capitano, l'aggrondatura artificiale dell'attuaro, l'inerte serietà dei due sbirri non valsero a salvare la solennità della dea Temide.
      Accorse però al riparo l'attuaro, gridando bieco al Galantino:
      - Basta così, e attendete a rispondere ai giudici voi quando sarete interrogato; indi voltossi al testimonio:


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Galantino Barisone Galantino Temide Galantino