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      Egli ricordavasi troppo del dialogo avuto colla contessa Clelia a Venezia, e s'era fitto in capo che le rivelazioni di essa fossero state la causa della sua cattura. Aveva pertanto fermato di trarne vendetta, e se questa non gli riuscì la prima volta che l'ebbe tentata, non vuol dire ch'ei dovesse deporne il pensiero. Ben è vero ch'egli non era uomo da trascurare i propri affari per un tal fine, e nemmeno di cercarne affannosamente le occasioni; ma tuttavia avea sempre pensato che, se un'occasione qualunque gli si fosse presentata spontanea e nei momenti d'ozio, egli sarebbe sempre stato disposto a coltivarla. Oltre a ciò, e indipendentemente dai rancori colla contessa Clelia, egli, sebbene avesse avuto un protettore nel marchese F... e un compenso in danari non dispregevole dal conte fratello di esso, portava un'avversione profonda alla casta patrizia, pel semplice motivo, ma significantissimo, che dai crocchj dei gentiluomini al teatro, al ridotto, alle case di giuoco, ai pubblici convegni era sempre stato e veniva sfuggito con disprezzo manifesto, in ispecial modo dal conte-colonnello. Poco curandosi del resto del conte-colonnello, gli era nato un desiderio vivissimo, uno di quei desiderj che diventano irrequieti perchè nascono di puntigli, di regolarsi in modo che, o una qualche dama vedova, delle primissime famiglie, la quale per combinazione fosse straricca e fosse ancora giovane e ancora bella, cadesse per avventura nelle sue insidie amorose; oppure, e per lui era il disegno più conveniente, invece della vedova, venisse a trovarsi nel laccio una qualche contessina o marchesina giovinetta e inesperta, e le cose si riducessero al punto che il matrimonio fosse reso indispensabile.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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