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      Era l'ora in cui cominciava, a dir così, la processione delle carrozze patrizie dirette al corso di via Marina; e dal terrazzo di casa Ottoboni vedendosi le carrozze che di tanto in tanto si soffermavano, e i cavalcatori eleganti che facevano pompa di sè e dei preziosi puledri, e i passeggieri pedestri, si traeva partito da questa congiuntura per passare quelle ore che precedevan la cena, dimezzando così il tempo tra la conversazione in sala e lo spettacolo del pubblico che moveva a diporto.
      In quel giorno, tra gli altri, v'era là l'abate Parini, v'era Pietro Verri, v'era il suo intrinsicissimo Padre Paolo Frisi, v'era Cesare Beccaria, il segretario Cesare Larghi, v'era la sorella di Gaetana Agnese, la non meno rinomata, almeno allora, Maria Agnese, la sola compositrice di musica drammatica ricca di fantasia e di dottrina che vanti ancora la storia dell'arte; v'era quel maestro Galmini destinato a fare il quarto con Adamo, Matusalem e Noè; chè di quel tempo aveva settantanove anni, e tenne dalla natura un piloro di bronzo così poderosamente costrutto, che per morire dovette aspettare altri cinquantanove anni ancora, essendo morto nel 1825 di centotrentotto anni, e avendo così potuto abbracciare in un amplesso quasi tutta la scala ascendente delle vicende progressive dell'arte sua, dal rivoluzionario Monteverde al rivoluzionario Rossini. V'era il pittor Londonio, il tormento dei preti, dei frati, dei vecchi, di tutti, e che, per farlo stare alquanto in riga a quella conversazione quotidiana, non ci voleva che la graziosa dignità della marchesa padrona, e l'occhio fulminante dell'austero Parini.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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