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      In tal guisa il giovinetto Giulio Baroggi fu impiegato in prima siccome scrivano; poi avendo mostrata assai svegliatezza e solerzia, venne promosso a commesso delle esattorie, infine a sotto-tenente nelle guardie della Ferma; carica che gli fruttava un non dispregevole salario, una bella divisa, e molti di que' guadagni che soglionsi chiamare incerti, sia per le quote che gli eran contate sulle perquisizioni e contrabbandi, sia pel soprassoldo che toccava quando aveva il mandato di percorrere alla testa di un numeroso drappello di guardie tutta la linea del confine.
      Se non che la necessità di vegliare le notti, di vivere tra la più rozza gentaglia, e più di tutto, i tristi pensieri che gli derivavano dal confronto tra quello che era e quello che avrebbe potuto essere, gli fecero contrarre la mala abitudine della gozzoviglia, del bere, dell'uso e dell'abuso dell'acquavite, per dar tono alla vita, per mettersi all'unisono e acquistar baldanza tra quelli a cui comandava, e più ancora per scacciare i molesti pensieri, che si facevano sempre più intensi quando la reazione che succedeva all'esaltazione provocata dalle bevande spiritose, gli lasciava infiacchita la fibra e più disposta a subir l'influenza della tristezza. Codeste sue abitudini non gl'impedivano però di essere zelantissimo alle sue incumbenze, perchè la natura gli aveva pur concesso saldezza di mente e saldezza di carattere. Bensì lo avevano condotto al punto d'impegolarsi nei debiti e tanto, che non sempre i suoi guadagni poteano bastare a conservare alla madre quella vita modestamente provveduta che pure fervorosamente egli desiderava nella quiete dell'animo suo, ma di cui si dimenticava tra i bicchieri e tra i compagni.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Giulio Baroggi Ferma