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      Un momento prima che noi vedessimo quel quadro di tre figure, la Crivello avea fatto appunto un lungo discorso di tal genere all'Ada, e questa, iraconda del sentirsi penetrare dal sospetto contro il giovane di cui le sembianze non le partivano mai dalla calda fantasia, indispettita si era disgiunta dalla Crivello, e sola erasi adagiata a pensare e a ripensare, scorata e confusa. E la Crivello, stata pietosamente a contemplarla per qualche tempo, al fine si alzò, e lentamente fattasi presso ad Ada, e cingendola del suo braccio:
      - E così come stai, le disse, cara la mia Ada? Sei ancora adirata meco?
      Ada si volse e:
      - Come ho da stare, rispose, e perchè ho ad essere adirata con te?... Ma le labbra le tremarono per la commozione e, non potendo continuare, guardò la Crivello colle lagrime negli occhi; poi tutt'a un tratto, abbassando il capo e nascondendolo in seno all'amica, diede in uno scoppio di pianto.
      E noi, dopo questo pianto, dolenti di non poterlo asciugare, nè di poter fermarci a Montepiatto per sentire i lunghi dialoghi tra la Crivello ed Ada, nè di recitar insieme con esse e colla devota Baroggi la terza parte del rosario, dobbiamo recarci di premura a Bologna.
      La contessa Clelia tornava una sera dalla casa Bentivoglio dove convenivano il fiore de' gentiluomini e delle gentildonne bolognesi, i più distinti professori dell'università, gli artisti più noti, i pittori incaricati di sostenere con uno sforzo estremo il tramontante splendore della scuola caraccesca; tornava dunque alla sua dimora, lieta e paga oramai della propria condizione.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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