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      Comunque pertanto sia la cosa e comunque fosse savio il consiglio che aveva dettato quel foglio, si mise una tale impazienza, un'ansia, un'irrequietudine sì forte nella povera contessa che, di punto in bianco, scrisse un letterino al marchese Bentivoglio, dalla cui casa era uscita un momento prima, con cui lo pregava a passare un momento da lei; il marchese non si fece troppo attendere, e sentito dalla contessa come, per un affare urgentissimo, le occorresse di recarsi a Milano, le ottenne in quella notte medesima dal cardinale Legato un foglio di via per Milano.
      Alla prim'alba, coi cavalli di posta, a tutta carriera, dando e promettendo mancie a' postiglioni, che allora avevano a lottar di continuo colle scabre strade, viaggiò per Milano. Da Bologna venne a Modena, da qui a Parma, dove passò la notte e dove volle il caso che si sapesse della sua venuta. Il nome della contessa, non ci ricorda se lo abbiamo già detto, e per il suo casato e per quello del marito, e per la sua bellezza, e per le azioni che se n'eran fatte, e per le sue avventure eccezionali e degne di storia, e per la sua qualità di scienziata, e per essere successa in Bologna nella cattedra di matematica alla grande Agnesi, era divenuto celeberrimo in tutta Italia ed anche fuori, tanto che molti uomini di Bologna e d'altre città avevano ambito di far la sua conoscenza o per lo meno di vederla, aspettandola quando usciva di casa, quando si recava all'università, mescolandosi fra gli studenti per sentirla a parlare.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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