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      Or ecco in che modo, viaggiando difilato a quella volta, s'incontrò nella carrozza di lei che riconobbe con sua gran sorpresa, onde fece rivoltare i cavalli per tener dietro a lei, e raggiungerla e parlarle alla prima fermata.
      La contessa Clelia, traguardando di tanto in tanto dal finestrino della carrozza, vedeva che quella del Galantino seguiva la sua placidamente, con tutti gl'indizj di non voler cambiar strada. Allora, tra i molti pensieri, congetturando che colui avesse viaggiato per venir sulle sue traccie, Dio sa per quale intento, ingiunse al postiglione di mettere i cavalli alla più veloce carriera che fosse possibile: comando che fu tosto adempiuto, perchè non c'è al mondo uomo più docile e più condiscendente d'un postiglione quand'ha ricevuta una buona mancia e quando sa di doverne ricevere di più grosse. Se non che la contessa, guardando indietro, vide che il postiglione del Galantino aveva fatto il medesimo co' suoi cavalli. Allora non dubitò più di essere inseguita, e ne fece motto alla cameriera.
      A Lodi, il suo postiglione svoltò nel portone dell'albergo del Gambero per cambiare i cavalli; e dopo pochi minuti fece lo stesso anche il postiglione del Suardi; e come la contessa Clelia salì in una camera perchè si doveva fare una fermata di un'ora, anch'esso salì in un'altra.
      Dopo pochi minuti, un cameriere si presentò alla contessa, dicendole che un signore arrivato in quel punto all'albergo e che stava in una stanza lì presso desiderava di parlare con lei, e domandava perciò licenza di poter entrare.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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