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      «Io stavo seduto, così continuava il signor Giocondo Bruni, su d'una gran seggiola coi cuscini di marocchino entro ai quali mi perdevo, e di dove mia madre m'aveva ingiunto di non muovermi, perchè in quella mia età, curioso qual era, andavo guardando e toccando gli oggetti ch'eran deposti su' tavolieri, e, visto una spinetta aperta, m'ero provato a far correre la mano sulla tastiera. Ma quando entrò la contessa, il suo aspetto era tale, ch'io per la meraviglia non potei trattenermi dal sorgere in piedi. La sua bellezza era di quel genere che io chiamerei terribile, e forse me ne son fatta questa idea perchè entrò così corrucciata e stravolta da mettere in apprensione chi la guardava. Ella non vide, almeno mi parve, nè mia madre nè me; e a donna Paola che le mosse incontro:.
      «- Come sta dunque mia figlia, chiese tosto, e si lasciò andare sul canapè.
      «- Stavamo appunto parlando di ciò qui con madama Gaudenzi, rispose donna Paola che non sembrava aver più la voce di prima, tanto le si era affievolita.
      «- È dunque gravemente ammalata?
      «Donna Paola, a queste parole, passò la propria mano sulla fronte della contessa, e con un fare dolce dolce:
      «- Ho bisogno che vi mettiate in calma, la mia cara Clelia. No, non si tratta di malattie...
      «- Ben m'accorsi dalla lettera che ci covava sotto qualche mistero. Or dunque?
      «- Or dunque vi supplico a star forte contro quello che sono per dirvi.
      «A queste parole la contessa balzò in piedi, e:
      «- Ditemi adunque tutto ad un tratto, e ammazzatemi con un colpo solo.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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