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      Guai chi si perde d'animo.
      - Questo lo so.
      - Ma dimmi un po' tu... Sei di parere che ella mi riceverà quando sarò alla sua anticamera?
      - Mi parrebbe di sì.
      - Aspetta. Giacchè m'hai dato mano una volta, non ti rifiuterai ad ajutarmi anche adesso. In conclusione sei un po' compromesso anche tu in questa faccenda. Se io cado... tu mi comprendi... giù tutti e due.
      - Non vedo questa necessità...
      - Giù tutti e due... e addio per sempre alla tua fortuna... Tu sai quello che voglio dire.
      - So quello che volete dire; ma non credo niente, perchè è da troppo tempo che mi andate conducendo di camera in sala; e qual possa essere codesto gran segreto che deve fare la mia fortuna, non comprendo.
      - Comprenderai, ma ora pensiamo ad altro. Domani mattina tu metterai giù questa tracolla e questa sciabola, e vestirai una delle mie più sfarzose marsine con panciotto di teletta d'argento: lascia fare a me. Voglio che tu veda in anticipazione la figura che farai a Milano fra una decina d'anni, così in via d'esperimento. In tal modo trasfigurato ti rechi in casa Pietra, e ti fai annunciare per parlare alla contessa.
      - Ma perchè tutto questo?
      - La ragione è semplicissima. Non voglio più affrontare un altro rifiuto. Mi scapperebbe la pazienza, e... guai se mi scappa la pazienza! Tu dunque ti presenti, ella ti riceverà, tu le dirai le mie intenzioni, cioè che debbo parlarle, ma per cosa che deve premere più a lei che a me. Una volta ch'ella m'accolga, sta pur tranquillo, niente mi può resistere e la vittoria è mia, anzi nostra.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Milano Pietra