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      E le case si riversavan davvero tutte al di fuori, e tutte si affannavano di parere sempre qualche cosa di più di quello che erano. Chi era avvezzo a mangiare in piedi e sulla nuda tavola di peccia plebea, sfoggiava la tovaglia e i tovagliuoli; chi mangiava per consueto ne' cucchiali di legno sfoggiava i cucchiali d'ottone luccicanti e tersi. Tra le case signorili poi era una gara a chi metteva in mostra più ricchezza e più varietà di vasellame d'oro e d'argento. Tutto il giorno di lunedì fu passato in apparecchi; i cuochi patrizj si apprestarono a dar saggio di tutte le risorse dell'arte loro; i maggiordomi discesero nelle vietate cantine a farvi una meditata scelta delle bottiglie più decrepite, consultando ed esplorando in cento modi il turacciolo se mai desse indizio che la soverchia vecchiaja del vino non lo avesse mai convertito in aceto. E nelle case medie e nelle povere e nelle poverissime era un affaccendarsi in altro modo. Le oche e le anitre plebee erano state fin dall'alba prese d'assalto dalle solerti madri e dai padri ghiottoni, che dalla bottega giravano l'occhio anche in cucina. Gli splendidi tacchini di otto in dieci libbre, distintivo della classe mercantile che aspira a regioni più eccelse, erano scomparsi tutti fin dal giorno antecedente dal Verzajo, dal Cascinotto, da san Clemente, contrada riputatissima fin d'allora nell'industria dei polli ben purgati e nell'arte di condurre al punto supremo la putrefazione della beccaccia; e le beccaccie e le beccaccine e i fagiani e i francolini e le folaghe, ecc., e tutta quella specie e sottospecie d'uccelli, che costituiscono, quasi a dire, l'alta nobiltà del regno ornitologico e che perciò hanno il diritto e l'obbligo di puzzar più degli altri, eran già tutte passate dalle panche della piazza alla prelibata moscajola della cucina patrizia.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Verzajo Cascinotto Clemente