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      Nell'aula di questa società si può dunque dire che furono primamente ventilate quelle questioni organiche che si proposero il più razionale ristauro della vita civile. Qui il Parini si consigliò spesse volte col Passeroni sull'orditura del suo Giorno. Qui il Passeroni fece lettura del suo poema il Cicerone, dove, dissimulato dalla forma semplicissima fino a parer disordinata, e dall'ingenua giocondità, e da quella bonomia di chi è e non vuol parere, è sì prezioso tesoro di sapienza, di sana morale e di coraggio. Nell'attrito della discussione qui si mostrò l'acuta penetrazione di Pietro Verri, qui il più giovane Beccaria, sollecitato dall'amico, imparò a liberare il potentissimo ingegno dall'indolenza. Però ripensando a queste cose, e al tanto bene che iniziarono alcune accademie in Italia, e, segnatamente questa dei Trasformati a Milano, non par vero come siasi potuto avvolgerle tutte quante in un fascio, e multarle di ridicolo tutte; ma la storia delle pecore, e quel che fa la prima e l'altre fanno - si presenta sempre a ripetere qualche sbagliata opinione pronunciata per la prima volta, e messa in corso non si sa da chi e perchè.
      Nel mezzo dell'ampia mensa, fra vasi d'argento, di cristallo, di porcellana, sorgeva un ramo di platano portante scritto su di un largo nastro il motto virgiliano: Et steriles Platani malos gessere valentes, che era l'impresa dell'accademia. Al fermarsi della carrozza s'alzaron tutti, e il conte Giuseppe Imbonati insieme coll'unico figlio, e col genero don Francesco Carcano e colla moglie contessa Bicetti, anch'essa valorosa poetessa, si tolsero dalla tavola e si recarono allo sportello della carrozza: i primi a fare i loro speciali complimenti a donna Clelia, l'ultima a deporre un bacio sulla fronte della fanciulla Ada.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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