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      Ma lasciando Mozart e il minuetto, già diffuso dappertutto prima ch'egli lo rendesse celebre e lo perpetuasse nel Don Giovanni, per qual motivo la contessa s'era come sgomentata al nome del marchese Alberico F...? Cari lettori, non fu per un motivo solo, ma per due; il primo era ovvio, vale a dire che il marchese Alberico era in voce del più sfrenato libertino della città, e sapevasi che i suoi pranzi, le sue cene, le sue feste somigliavano troppo ai lupercali di Roma, e spesso vi danzavano a tondo le alunne di Tersicore involate alle scene dei principali teatri d'Italia. Donna Clelia non voleva dunque che la sua Ada neppur dalla lontana avesse a intravedere quelle baraonde; la seconda cagione poi non avrebbe saputo spiegarla a sè medesima nemmeno la contessa; ma all'annuncio ed al cospetto di cose e di persone che neppure si può dir di conoscere, coloro che hanno sentimento squisito provano talvolta delle ripugnanze invincibili, alle quali, secondo il nostro debole parere, si deve dar sempre ascolto anche alla cieca. Sono esse, quasi potrebbe dirsi, le arcane ammonizioni che il destino, nei suoi momenti pietosi, dà come di sfuggita a coloro che, contro suo genio, è incaricato d'insidiare e d'affliggere.
      Ma intanto che la contessa, tenendosi stretta la sua Ada, tende l'orecchio a quei suoni, perplessa di far retrocedere o di mandar innanzi la carrozza, noi la precederemo, per soddisfare anche alla curiosità del lettore, se mai ne avesse alcuna, e
     
      Col favor della Musa o del demonio


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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