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      Il padre era stato il più indomabile egoista del suo tempo; riservato, pacato, avaro, non erasi occupato che ad ammontare ricchezze; al quale intento, con tutte le arti e con astuzia squisita, ogni qualvolta si presentò il pericolo, s'era adoperato affinchè il fratello non riuscisse a sperdere altrove i suoi grandi averi con qualche matrimonio. Questo egoismo orgoglioso, inteso soltanto alla prosperità del casato, aveva fatto le spese di tutti gli altri suoi vizj. I preti non avevano mai potuto rimproverargli un peccato: le Lidie astute e le crescenti Cloe non arrivarono mai ad involargli uno zecchino. Il più ricco fratello, all'opposto, in bagordi, in cene, in giuoco, in donne, aveva profuso largamente il suo; e se, sparnazzando a dritta e a sinistra le copiose entrate, non era mai riuscito ad intaccare il capitale, era perchè il fratello potè sempre accorrere a prevenire i disastri, con una prontezza e una importunità da provocar la collera e gli strapazzi e le ingiurie violenti del marchese, ingiurie ch'ei sopportava senza turbarsi, non fedele che all'ultimo intento. Di questi due fratelli ognuno dunque può vedere che la pasta del maggiore era stata di gran lunga meno trista di quella del cadetto. La prodigalità talvolta avrebbe condotto il marchese a qualche beneficio; e la sensualità talora lo avrebbe messo al tu per tu di provare qualche meno impuro sentimento, qualche affetto; e quantunque fosse assiduamente passato di amori in amori, come fossero larve d'una lanterna magica, con una incostanza sempre sazia di tutto e sempre sitibonda, pure era stato spesso al punto di fermarsi in una affezione durevole, e più specialmente dopo che era caduta nelle sue insidie l'infelice che fu poi la madre del Baroggi.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Lidie Cloe Baroggi