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      La tremenda satira popolana, con breviloquenza inimitabile, in quel detto avea saputo condensare la critica delle esorbitanze generali onde i perpetui guastamestieri, che s'introducono nel santuario del progresso, aveano cercato di contaminare il nuovo ordine di cose. La Dionisa era il nome di una donna paffica del Bottonuto. Applicando questo nome alla figura che rappresentava la libertà sullo stemma dei venditori di tabacco e sale, il popolo, col prepotente intuito del giusto, stigmatizzava quella libertà fescennina, tanto deplorata dal Parini e tanto contraria alla libertà vera.
      Ma poco a poco si rimise la tranquillità nel pubblico, segnatamente quando il primo violino, signor Peruccone, comparve al suo seggio, e dalla boccascena l'avvisatore battè palma a palma, per significare che l'orchestra poteva cominciare il preludio del nuovo ballo.
      In questo intermezzo il signor Giocondo Bruni puntò il suo cannocchiale monocolo verso un giovane dragone dall'elmo lucente; indi lo drizzò a un palchetto in terza fila, poi a quella fra le tre dee della prima che, siccome dicemmo, fu dipinta dall'Appiani, in costume di Diana. - Il dragone guardava al terz'ordine. Di là una giovinetta guardava lui; il Bruni si accorse che la dea del frigio berretto fremeva nel sorprendere lo scontro di quei due sguardi furtivi.
      Il dramma domestico ha i suoi ritorni storici come la vita delle nazioni. Nell'esordio del nostro racconto abbiamo visto il tenore Amorevoli a guardare la contessa Clelia V... - ora il tempo dei tenori è passato, la musica ha dato luogo all'arte bellica: chi è senz'elmo e senza speroni disperi di piacere al bel sesso.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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