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      Monsieur Lefèvre ne fu alquanto mortificato; ma di chi era la colpa?...
      In quel punto, al suono di una marcia militare, spuntò dall'ultima delle quinte a destra la testa piumata di un cavallo bianco; ed era il cavallo del general Colli, il quale finalmente si mostrò fra due soldati che gli tenevano le staffe, coll'incarico di regolare il passo della bestia, in modo da non compromettere i vetri della ribalta. Alla sinistra del general Colli, ossia del signor Raimondo Fidanza, procedeva, pure a cavallo, il senator Rezzonico, comandante delle truppe pontificie, ossia il signor Luigi Corticelli.
      E il general Colli discendeva da cavallo, e con incesso il più convenzionalmente teatrale, si portò innanzi alla sedia gestatoria del pontefice, e, piegossi a baciargli la santissima pantofola. Il pubblico non applaudì, non fischiò, e si contenne in un silenzio dignitoso, intanto che il pontefice presentava ai cortigiani il general Colli, siccome la speranza del Vaticano. Il pubblico, che s'era già sfogato contro l'arringa famosa del cardinal Busca, dalla quale appariva come lo spirito profetico non fosse più il lato forte dell'ordine jeratico, assistette a questa scena con indifferenza, non sapendo determinarsi con risolutezza piuttosto a ridere che ad andare in collera. Ma forse l'allegria e la collera si sarebbero confederate a provocare una procella popolare, se non ci fosse stata la valvola di sicurezza degli indispensabili amori della prima mima col primo mimo, ossia della signora principessa Braschi col general Colli; ai quali bastò lo scambio fuggitivo di un'occhiata per intendersela tosto.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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