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      Era sempre colui che aveva fatto il suo ingresso in società, vuotando la borsa dimenticata nel panciotto del marchese F..., suo antico padrone. L'ingegno era il medesimo; la diversità non stava che nelle proporzioni.
      Se non che quell'acutissima vista che gli faceva trovare speculazioni nemmen sospettate dagli altri, e quella confidenza in sè stesso che gli comunicava un'audacia di cui nessuno sarebbe stato capace, lo spingevano nel fitto dei pericoli, dove altre menti più limitate, ma più prudenti, non si sarebbero mai avventurate. Se fosse nato più cauto non sarebbe stato in prigione due volte, non si sarebbe mai trovato al limitare dell'ergastolo e al piedestallo della berlina; nemmeno però avrebbe accumulato tanta ricchezza. Queste parole ci conducono a dire che il signor Andrea Suardi, nell'appalto dei foraggi, aveva tentato a que' dì una impresa arrischiatissima. Amico, anzi ammesso alla confidenza dei capi dell'esercito austriaco; nel tempo stesso, amico e conoscente dei capi dell'esercito francese, aveva maneggiato un appalto in modo che, data la sconfitta di Bonaparte e governando egli le spedizioni dei carriaggi, si potessero far passare alla parte austriaca, dopo essere stati pagati, già s'intende, dalle casse francesi, usufruttando a tal uopo qualche istante di crisi, o l'impeto passaggiero di una sommossa popolare possibile sul teatro stesso della guerra; o la connivenza della repubblica di Venezia; qualche fatto insomma che potesse onestare la scomparsa dei trasporti di vittovaglie, per prendere così dalle casse austriache la seconda volta il prezzo già ricevuto dalle casse francesi.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Andrea Suardi Bonaparte Venezia