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      Ma com'è, dirà taluno, codesta strana combinazione per la quale tutti i giovani personaggi che entrano successivamente in iscena in questo libro, hanno tutti ricevuto dall'autore l'obbligo di essere bellissimi e carissimi e interessantissimi?
      Il tenore Amorevoli faceva diventar matti soltanto a vederlo; il Galantino, quando fu spogliato, per esser messo alla corda, mostrò un tal collo e un tal petto e braccia tali, che persino il senator Morosini ne mandò un'esclamazione di maraviglia. La contessa Clelia pareva una Minerva perfezionata. La contessina Ada era sua madre ingentilita. La ballerina Gaudenzi aveva i capelli, gli occhi e il naso della Diana Efesia. Recentemente, ovvero sia nella sera del ballo del papa, il tumulto della folla fu placato dalla comparsa di tre donne in costume di libertà, delle quali se l'una era bella, l'altra era più bella ancora.
      Ed ora compare in iscena questo capitano dei dragoni, il cui volto e la cui persona son fatti cogli ingredienti degli dei e degli eroi più riputati; e precisamente col sistema onde fu messa insieme la Venere greca, che ebbe in prestito le cosce appetitose di Taide, la schiena provocatrice di Frine e le diverse bellezze di sette fanciulle.
      Com'è dunque questa faccenda? La faccenda è naturalissima; e se il lettore ne stupisce, vuol dire che l'ultima fase dell'arte, che ha messo in trono il brutto, dal Triboletto e del Quasimodo di Victor Hugo al gobbo Esopo di Bartolini, lo ha preparato a credere impossibile la bellezza perfetta.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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