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      La contessa Ada, in quel punto, continuando a provare sul cembalo la Marsigliese, s'era concitata nell'esecuzione, e facendo intera l'emissione della voce, espresse con accento verace tutta la concitazione selvaggia di quel grido di guerra.
      La fanciulla si fermò di colpo; diede manifestamente un guizzo. Quella musica, quelle parole, quel grido le avean messo addosso l'inferno.
      Caduta la notte, si recarono i lumi. Dopo qualche tempo venne gente in quella casa, e si vegliò fino oltre le undici. Tutto quanto avvenne in quelle ore per noi è affatto indifferente, bensì terremo dietro a donna Paolina quando, dato il bacio della notte felice alla nonna e alla mamma, prese un lume, e, accompagnata dalla cameriera, si recò nella sua camera da letto.
      Muta si lasciò ravviare e intrecciare e mettere nella rete i capelli; muta lasciò che partisse insalutata la cameriera.
      Dopo si spogliò adagio adagio, sempre fantasticando e osservando macchinalmente il ritratto di suo padre, che pendeva dalla parete di contro al letto; il qual padre, lo diremo così di fuga e rimettendo le indispensabili spiegazioni e dilucidazioni ad altro tempo, era il conte Achille S..., ricchissimo patrizio milanese, il quale, dopo essersi mangiato un lauto patrimonio, fatta l'eredità di un secondo, sposò impaziente e furente di passione la contessa Ada, per amareggiare poi tosto di cento infedeltà il talamo nuziale e la pace di quella povera donna, innamorata fino all'infelicità. Sciupato il secondo patrimonio, strano e bisbetico qual era, aveva abbandonato e casa e moglie e figliuola, ed era corso a prestare i suoi servizi militari fin dal 92 nell'esercito di Francia.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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