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      - Rimasto vedovo con un ragazzino, perdette di lì a poco anche questo, ond'egli ereditò tutti gli averi della moglie; ma li ereditò per buttarli all'aria come avea fatto con tutto il resto. Allora, tornando i dissesti economici, e le angustie, e l'assedio dei creditori, lo zio dovette ricomparire ancora a sanar le piaghe. Siccome poi quello zio era ciambellano, e avrebbe fatta moneta falsa per l'arciduca Ferdinando, così, quella volta, in pagamento del beneficio, pretese che il signor conte nipote entrasse tra le guardie d'onore di Sua Altezza serenissima. Quelle guardie, per l'eccesso del lusso, e perchè nelle solennità, quando in chiesa sfilavano a lato dell'arciduca, dagli spallini, dalla spada, dai ricami d'argento riverberavan le fiamme delle torcie, venivano chiamati i candellieri d'argento; appellativo che rimase poi alle guardie d'onore fin sotto al Regno italico. Ora fu nella sua qualità di candelliere d'argento che, a una festa da ballo, data dall'arciduca, danzò per la prima volta colla giovane contessa Ada. Vederla e andarne preso, e con quel suo sistema di portar tutto all'esagerazione e al delirio, dichiarare che si sarebbe ammazzato se ella non corrispondeva all'amor suo; e recarsi dallo zio, e far mille proteste, e supplicarlo perchè si interessasse a rendere possibile quel matrimonio, fu una cosa sola. Lo zio non desiderava altro. La prima volta avea durato fatica a indurre il nipote ad accasarsi; ora veniva lo stesso nipote a chiedere e pregare. Era un fatto superiore ad ogni speranza, era una vera conversione.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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