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      Bonaparte ebbe dunque paura della gran massa del pubblico, per conseguenza di quella sagacia che non gli permetteva d'illudersi sulle apparenze. Ma la sagacia del tornaconto non è il genio magnanimo del sacrificio; però i calcoli dell'ambizione gli consigliarono le transazioni, sebbene gli sdegni naturali dell'uomo salito al massimo potere gli consigliassero poi le violenze. Se non fosse stato ambizioso, non avrebbe avuto paura della moltitudine, la quale, alla sua volta, nella imperterrita continuità degli atti di lui, avrebbe trovata la riprova dei principj annunziati dai pensatori, e avrebbe finito a liberarsi dai pregiudizj. Così il pubblico corruppe l'uomo di genio, e questi, di rimando, rituffò il pubblico negli errori secolari; così rimase interrotta la più radicale riforma che, quando sarà adempiuta, sarà la più gran pagina della storia moderna.
      Ma ritorniamo a Pio VI. Questo pontefice, essendo morto ottantenne e in esiglio e inflessibile, trovò gli storici indulgenti fino ad essere dissimulatori, fino ad essere bugiardi; trovò il pubblico europeo disposto a non vedere in lui che un'altra vittima della prepotenza, un altro martire glorioso del cattolicismo. E anche in ciò gli storici imitarono Napoleone I; vogliam dire che anch'essi ebbero paura del pubblico e tacquero la verità, la quale, se avessero adempito all'obbligo dell'indagine scrupolosa, certissimamente lor si sarebbe data a conoscere. Or chi era Pio VI? ovvero sia: chi era l'uomo che, sotto tal nome, doveva rappresentare una delle parti più vistose del suo tempo?


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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