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      È subito risposto: - Colui, se non fosse salito al potere, sarebbe stato gettato alla rinfusa nel carnajo degli uomini più spregevoli.
      La natura che fu avara seco delle doti della mente e del cuore, volle invece essergli liberalissima di doni fisici. L'avvenenza fu la sola qualità che in lui poteva valere, se fosse stato e rimasto un uomo privato, a distinguerlo dagli altri. Ma di essa egli s'invaghì al punto, che mal non si appose chi nel tempo ch'egli era semplice vescovo, lo chiamò il Narciso mitrato. Adunque, persin la forma decorosa, che è sempre un pregio, come è un beneficio della cortese natura, trovò il modo di tramutarsi in lui, se non in un vizio, certo in una debolezza vituperosa, e per l'eccessiva importanza ch'ei le diede, e più di tutto perchè, accarezzata a quel modo, faceva uno scandaloso contrasto col carattere ch'egli vestiva. Ma se questa tuttavia rimaneva una debolezza facilmente condonabile, ben v'erano nello spirito di quell'uomo altre abitudini assolutamente perverse. Egli era vano, invidioso, orgoglioso; e fin da quando salì al vescovado, ossia fin da quando potè esercitare qualche autorità sui soggetti, si mostrò bisbetico, oppressore, ingiusto. Per mancanze leggerissime maltrattava coloro che avevano la dura sorte di servirlo o come prelati di camera o come semplici domestici. Ma se un uomo collerico è facile a dar corso agli impeti primi, egli non aveva poi quella qualità che per consueto è il compenso degli uomini irascibili, la generosità prontissima a riparar le ingiurie; bensì una volta che avesse punito qualcuno, quand'anche se la verità fosse venuta a galla a mostrare l'innocenza del povero malcapitato, egli faceva il sordo alla voce della giustizia, e lasciava che i suoi atti di violenza avessero intero corso.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





Narciso