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      Come locuste assassine si moltiplicarono allora le spie del Sant'Uffizio e del governo, che si trovavano dappertutto, s'introducevano dappertutto; onde riuscì innumerevole la quantità delle vittime o innocenti o incaute; incredibile la diffidenza e la paura penetrata in tutte le classi della società romana, di modo che l'amico più non si fidava dell'amico, il fratello del fratello, il marito della moglie, il devoto del confessore, il figlio degli stessi genitori.
      E allora quella simpatia che il Santo Padre avea mostrato per i Turchi e per Maometto, fu tutta quanta concessa alla Casa d'Austria e a Francesco II: al quale, essendo Pio VI venuto nella determinazione di valersi delle armi temporali, chiese ufficiali per addestrare le avvilite sue truppe e un comandante per guidarle in campo; e li ottenne col profondere a quel giovane sovrano, destinato a far pesare sull'Austria l'antonomasia di spavento della civiltà, tanti elogi quanti vituperj avea scagliati a suo padre e a suo zio.
      Se non che la pessima amministrazione interna dello Stato non concedendo di erogare sufficiente denaro, nemmeno coi balzelli duplicati, per mantenere un esercito proporzionato e allo Stato e al bisogno, si dovette ordinar tosto un disarmamento generale, lasciando come per l'addietro allo scellerato Barbèri, che era il Nardoni di quel tempo, l'esecuzione dei decreti dei tribunali di giustizia.
      Magnificavano intanto le solite penne venali, come già s'era fatto coi Turchi, i vantaggi riportati dagli Austriaci sul Reno.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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