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      - Non parleremo, dunque dei fatti che conseguirono alla subdola condotta del pontefice; nè della rotta vergognosissima che al Senio toccò alle armi romane; nella qual circostanza fu manifesto che il potere temporale, affidato al sacerdozio, mentre snatura e deturpa il sacerdozio stesso, degrada, corrompe tutto ciò che viene nelle sue mani; e ha il funesto privilegio di avvilire eziandio quelle nobili e generose schiatte, che sono, a dir così, la gloria della natura; e tra le quali, per testimonianza di tanti secoli, la romana conquistò appunto il primato. Di quella rotta vergognosa, noi dunque non parleremo, perchè è registrata in tutte le storie; come non parleremo del famoso trattato di Tolentino, e perchè si legge dovunque, e perchè noi stessi già ne abbiam fatto cenno, quando assistemmo al ballo del Papa rappresentatosi al teatro della Scala; il qual ballo fu suggerito appunto e da quel trattato e dell'avvilimento in cui venne la Santa Sede, e dall'onta che toccò al generale Colli, da cui tante cose attendevasi il papa e i suoi cortigiani e i suoi fautori, e che in allora rappresentò nel dramma italiano quella parte che oggi vi rappresentò l'avventuriere Lamoricière.
      Ma, a proposito di codesto trattato di Tolentino, che cominciò a scassinare di fatto il poter temporale, ossia a dimostrare che ciò che per donazioni o per forza si acquista o si conquista nel tempo, si può perdere col tempo; alcuni scrittori, a provare che Bonaparte non ebbe mai di mira quella riforma radicale, citano una lettera di lui al pontefice scritta durante le negoziazioni del trattato, e una risposta di Pio VI a lui.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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