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      - «Come stai, re Michele?» diceva ai nostri giorni un beccajo di Trastevere a don Miguel; e mentre con una mano gli batteva una spalla, coll'altra gli porgeva l'ampia caraffa rasa d'orvieto; e accompagnava quest'atto con tale posa e tale espressione di volto, che pareva dicesse: Io mi degno di abbassarmi fino a te. Quest'ignoranza e questo costume non impedisce però che essi abbiano acutissimo l'intelletto; e giova poi a conservar loro un carattere intero, il quale, nella sua medesima fierezza, è spesso custode di nobili affetti, della santità dell'amicizia, dello scrupolo della fede. I giovani artisti, che anche allora, come adesso e come sempre, mescolandosi a quella gente per gl'intenti dell'arte, erano i loro più intimi amici, e però li avevan messi a parte di tutte le belle e grandi cose che l'onda rivoluzionaria avrebbe portate in Roma, li trassero adunque entusiasti e plaudenti sulle piazze. Quegli artisti, ad onta dei tempi burrascosi, soverchiavano sempre le due e le tre migliaja, e quantunque di tutte le città d'Italia: di Napoli, di Bologna, di Firenze, di Venezia, di Milano, di Genova; e di tutte le nazioni d'Europa: di Russia, di Spagna, d'Inghilterra, di Germania; pur dall'arte e dalla gioventù bollente e dalle aspirazioni messe in comune eran ridotti come se fossero figli di una patria sola, e seguaci di una sola bandiera. Essi bastavano a mettere sottosopra tutta Roma, e con tanto più di esaltazione e quasi di furore, in quanto che i pensionati delle accademie di Francia e tutti gli artisti di colà, poco tempo prima, erano stati violentemente espulsi dal governo pontificio, siccome fu già riferito.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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