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      «Eguaglianza è questa, la quale, santamente sprezzando e privilegi e titoli, colla bilancia del diritto e della legge, eguaglia l'uomo all'uomo; e non sa, non può, non vuole conoscere altra distinzione che quella che passa tra il vizio e la virtù.
      «Virtù è questa, la quale, divinizzando l'uomo, fa che egli non trovi la felicità se non se nel far felice altrui; ond'è che l'uomo veramente virtuoso si crede fatto più per la patria e pe' suoi simili che per sè stesso.
      «Patria è questa risorta a nuova vita.
      «Virtù premiata, vizio disonorato, merito riconosciuto, vanità cadente, verità svelata, ipocrisia vilipesa, innocenza sicura, oppressione bandita, emblemi tirannici distrutti, umanità vendicata, giustizia imparziale, santuario restituito all'antica purezza, genio marziale ridestato. Ecco i frutti che oggi ne promette questa patria risorta.
      «Falsi sacerdoti, superbi patrizj, tirannucci iniqui, ipocriti maliziosi, impostori ignoranti, intendete qual libertà, quale eguaglianza, quale virtù, qual patria servano di base al grande edificio della nostra rigenerazione? E voi, anime timide e deboli, sentite quali sono le radici che prodigiosamente alimenteranno la simbolica pianta?»
      Queste parole, dette con enfasi e con quell'accento speciale che significa la sincerità e la convinzione profonda di chi le pronuncia, furono coperte da una salva di applausi e di viva la libertà, viva l'eguaglianza, viva la repubblica, viva Roma.
      «E viva Roma,» continuò allora l'avvocato Corona, approfittando di quel grido per dare una piega al discorso, e dalle generalità, che parevan quasi divenute di convenzione, veniva a cose particolari e di utilità più pratica ed evidente.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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