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      VII
     
      L'albero della libertà, per il quale l'avvocato Corona improvvisò il suo discorso, fu il primo che sia stato piantato in Roma; e lo si pose appunto là dove si riputava trovarsi il sito dell'antico fòro romano, giusta le conclusioni archeologiche allora pronunciate dagli eruditi più stimati, segnatamente dal Piranesi e dal Visconti; conclusioni che vennero poi modificate in qualche parte dagli eruditi posteriori, tra cui il Venuti, il Nibby e il Canina, che portarono le congetture fino alla condizione della certezza. Quel sito, con cerimonie quasi rituali, venne allora determinato e segnato con una barriera che ne girava la periferia; e la quale venne coperta con drappi a tre colori, bianco, rosso, nero, i colori emblematici della Repubblica. Adempiuto a ciò, tutta la folla lasciò l'antico fòro, per recarsi nelle altre principali piazze di Roma, dov'eran già scavate le buche per ricevere le radici degli altri alberi di libertà che, al pari dell'antico, ben potevano simboleggiare la scienza del bene e del male. Salita finalmente al Quirinale, dopo un'altra breve allocuzione all'albero e una specie di ballo rituale saltato dai più enfatici intorno ad esso, stette aspettando il generale Berthier, che alloggiava nel palazzo apostolico, col suo stato maggiore. Esso, alla testa delle truppe, doveva in quel dì salire in Campidoglio ad instaurarvi solennemente la repubblica romana.
      La notizia di quella solennità chiamò tanta gente dalle città vicine e lontane che a memoria d'uomini nessuno si ricordava d'aver veduto sì numeroso popolo in Roma; e gli osservatori sagaci, i quali guardando al presente miravano al futuro, pensarono all'attrazione irresistibile che quella città avrebbe esercitata su tutti gli Italiani d'Italia, quando fosse divenuto il teatro principale de' fasti nazionali; diremo che coloro i quali, per aver molto viaggiato, hanno pronte e sicure le occasioni d'instituire confronti, si accòrsero del quanto Roma vincesse tutte le altre più celebri città nella maestà solenne del suo aspetto, quando assistettero allo spettacolo che presentò il Campidoglio allorché Berthier salì sul poggio del palazzo del Senatore, e tutta la truppa si schierò nella piazza sottoposta, e l'onda del popolo si agitò in tutte le direzioni, e su tutte le salite che mettevano a quel luogo eminente; e sull'alta ed ampia scalinata che dalle falde del Campidoglio ascende fino alla chiesa d'Ara Cœli, offrì l'aspetto di una cascata che ribollisse in sè stessa, per precipitarsi sulle onde sottoposte; e quando un così formidabile movimento e fremito di vita, e frastuono di voci e di grida si arrestò di colpo nell'immobilità e nel silenzio, appena che la parola sonora del generale Cervoni tuonò dall'albero della libertà eretto nell'aja capitolina, tra i colossi di Lucio e Cajo e i trofei di Augusto e la statua equestre di Marco Aurelio.


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Cent'anni
di Giuseppe Rovani
pagine 1507

   





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